giovedì 9 aprile 2020

Messa in streaming? Signore, pietà!

"Amore ti sei collegato?"
"Sto provando. Ma 'sto link non funziona"
"Prova quello che t'ha inviato Mario"
"Sì sì, un attimo... ok, si vede... ma si sente a scatti"
"Allora prova la messa di Don ..."
"No quella, non mi piacciono i canti"
"Dai su, che tanto dura di meno. Il caffè lo vuoi?"
"Sì va, portamelo che ancora non hanno iniziato".

Non so quale sia la vostra messa in streaming preferita. La mia parrocchia non le faceva, quindi ho cercato in giro tra le varie proposte del web, e alla fine ne ho trovata una. Seguiamo quella dall'inizio della quarantena. Vi devo confessare, però, che 'sta cosa non mi va a genio.

Ogni tanto sento le campane, più forti del solito causa silenzio. Che nostalgia! Questa quaresima coincide con la quarantena e non è un caso, visto che entrambe significano "quaranta giorni". Forse alla fine il Signore, vedendo che la quaresima non la vivevo seriamente, ha accettato che la passassi così, in modo che - per forza di cose - avrei dovuto pensare più intensamente al sacrificio.

Che sommo sacrificio è la Messa; e che gran sacrificio non poter partecipare. Quando la sera dell'8 marzo ho letto la notizia, manco ci volevo credere: bar aperti, chiese chiuse. Invece era vero! Poi hanno chiuso quasi tutto (tranne i supermercati e i servizi essenziali). Per cui ci siamo dovuti organizzare con la tv o con internet: per carità, grandissimi strumenti, ma c'è un limite.

Questo limite, a mio modesto avviso, dipende proprio dall'essenza della Messa. La Messa è la fonte e il culmine della vita cristiana; è il sacramento in cui Cristo, lo Sposo, offre il suo corpo e il suo sangue per la salvezza della Sposa, il suo popolo: una grazia incommensurabile. Per questo, la visione a distanza in diretta o in differita non è neanche lontanamente paragonabile alla partecipazione fisica dove posso ricevere la comunione. Ritenere intercambiabile l'una con l'altra significa accettare che, in fondo, piuttosto che andare a letto con tua moglie, può andar bene anche una videochiamata. Il paragone non regge nemmeno per i meno avvezzi.

In questi giorni i personaggi tv ci dicono che il Signore ti ascolta pure se lo preghi da casa. E' verissimo. Ma io a Messa non ci vado solo per quello! Ci vado perché c'è Cristo Vivo che vuole farsi carne nella mia carne. Per colui che crede - se davvero ci crede - l'Eucaristia è davvero il dono più grande.
Possibile che non si possa trovare un modo per fare una messa con gruppi di pochi, all'aperto, in piazza, per strada, in un parco, nel sagrato, stando tutti ben distanti e mascherinati? O almeno non si potrebbe portare la comunione, come si fa (o faceva?) con i malati, anche nelle case, ovviamente con rispetto di tutte le norme di igiene e sicurezza?

E' vero, Signore, certamente io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, che magari pretenda che un sacerdote (o un diacono o un ministro straordinario) venga a portarmi la comunione a casa. Se così è, allora di' una Parola e guariscici da questo flagello che ci tiene lontano l'uno con l'altro, che ci tiene lontani dalla Tua presenza.

Sposo mio, dove sei? Il Tuo Amore è più forte di ogni legge.
Sposo mio, amato mio, dove sei finito? Il Tuo Amore è più forte della morte.
Ritorna, ritorna presto!

sabato 24 maggio 2014

Unificare la date di Pasqua, ut unum sint!

Nella chiesa delle origini l'evento della Resurrezione di Cristo costituiva (come dovrebbe ancora oggi significare) un fatto talmente grandioso che la sua celebrazione avveniva ogni settimana, cioè ogni Domenica. La veloce diffusione dei cristiani tra le sponde del Mediterraneo comportò una differenziazione nelle prassi liturgiche. Tale divergenza coinvolse anche la scelta della data della Pasqua. Per tale ragione, in occasione del Concilio di Nicea del 325, la chiesa universale si riunì e decise di fissare un criterio per la determinazione della data di Pasqua. Nell'intento di indicare una giornata che fosse diversa da quella prevista dal calendario ebraico, si prescrisse che la Pasqua cristiana sarebbe stata celebrata la prima domenica seguente al primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Questo criterio vale ancora oggi.

E allora perché esistono due diverse date per la Pasqua, una cattolica (e protestante) e l'altra ortodossa? La risposta sta nel fatto che gli ortodossi continuano ancora oggi ad utilizzare il calendario giuliano invece di quello gregoriano. Fino al 1582 tutto l'orbe seguiva i ritmi fissati dal 46 a.C. sotto Giulio Cesare, il quale con la sua riforma del calendario (detto, appunto, "giuliano") aveva introdotto gli anni c.d. bisestili: ogni 4 anni il mese di febbraio aveva un bis sexto die (ante Kalendas martias), cioè "un giorno in più (prima del 1° marzo)". La differenza tra l'anno civile romano e l'anno tropico (o solare) corrispondeva soltanto a 11 minuti e 14 secondi circa. Con il passare degli anni e dei secoli, la data di inizio delle stagioni si spostava sempre più all'indietro, perdendo un giorno ogni 128 anni circa... fino ad arrivare al 1582. In quell'anno, Papa Gregorio XIII riformò il calendario introducendo alcune eccezioni correttive. Ma per poter tornare a far coincidere l'equinozio di primavera con il giorno del 21 marzo, era necessario eliminare alcuni giorni dal computo totale annuale, dieci per l'esattezza. Così, a giovedi 4 ottobre 1582 seguì venerdi... 15 ottobre 1852. Tutti i paesi cattolici (e poi, in seguito, quelli protestanti) si adeguarono al passaggio. Oggi tutti i paesi del mondo seguono questo calendario... tranne la Chiesa ortodossa.

(Giulio Cesare e Papa Gregorio XIII)
Dal 1582 quella divergenza si è man mano ampliata fino a raggiungere, ad oggi, i 13 giorni. Ciò significa che quando per il calendario gregoriano è il 21 marzo (data convenzionale dell'equinozio di primavera) per il calendario giuliano è l'8 marzo (cfr. schema). Per arrivare al "21 marzo giuliano" bisogna aspettare la data del 3 aprile gregoriano. Solo dopo questa data gli ortodossi possono fissare la Pasqua, quando cioè si sia verificato un plenilunio dopo il loro 3 aprile. La celebrazione sarà quindi unificata soltanto negli anni in cui tra il 21 marzo ed il 3 aprile gregoriano la luna non abbia ancora raggiunto la sua pienezza.

In che modo è dunque possibile unificare definitivamente le date di Pasqua, dal momento che vengono seguiti due calendari diversi? La soluzione ci sarebbe. La data delle celebrazioni pasquali, fulcro della fede cristiana, è sempre stata mobile. Diversamente dalla Natività del Signore, non si è mai conservata una tradizione che tramandasse la data della Risurrezione di Cristo ad un giorno particolare. Inoltre, l'esigenza di festeggiare la Pasqua di Domenica l'ha sempre resa data mobile per definizione. Ciò a dimostrazione del fatto che l'indicazione della data pasquale non ha mai avuto niente a che vedere con i dogmi o la teologia, ma semplicemente con l'adozione di un criterio pratico per il calcolo del tempo. Piuttosto, la divisione tra cristiani in questi aspetti lacera il corpo mistico della Chiesa e rende la testimonianza cristiana meno verace agli occhi degli uomini. Per tale ragione, proprio per compiere quanto Cristo ha ordinato alla Chiesa, è necessario dimostrarne l'unità anche in questi aspetti.
(Papa Francesco e Tawadros II)

Questa esigenza è ben percepita in Medio Oriente, dove da alcuni anni è in atto un tentativo "sperimentale" di unificazione delle date pasquali, che ha favorito l'unità tra le varie comunità e famiglie cristiane. Recente è stata anche la dichiarazione del Patriarca copto Tawadros II, che ha chiesto al Papa di muoversi in tal senso.

Per l'unificazione delle date di Pasqua la strada più semplice e classica è la seguente: abbandonare le date dell'equinozio convenzionale (sia quella gregoriana che giuliana) e far riferimento soltanto all'equinozio astronomico. In altre parole, i calendari verrebbero messi da parte, osservando direttamente il cielo. Al naturale verificarsi dello zenit solare sull'equatore (fatto che oggi sempre più spesso accade in data 20 marzo) si attenderebbe il primo plenilunio, e poi la prima domenica seguente. Una riforma di questa portata potrebbe essere ben accettata da tutte le confessioni cristiane, in quanto non si basa sulla prevalenza di un calendario sull'altro. 

martedì 11 marzo 2014

Grazie Professor Palmaro




Domenica 9 marzo è morto Mario Palmaro.

Voglio ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto, soprattutto per tutto quello che mi ha insegnato: ossia che esistono leggi ingiuste, che è possibile ed è doveroso combatterle... e che la Verità non accetta compromessi.

Tu hai combattuto con Verità ed ironia. Hai tanto sperato che ci fosse qualcuno a continuare queste tue battaglie. Ebbene, caro Mario, io e tanti altri ci siamo! Ma tu aiutaci dal Cielo: forse Dio sapeva che adesso, accanto a Lui, saresti stato ancora più fruttuoso per la buona battaglia. 

Che Dio ti porti in gloria, e che tu possa goderne per sempre la Sua Pace, Verità ed Amore.

Grazie Professore, Ti voglio bene.

lunedì 26 agosto 2013

Jean Marie Elie Setbon, dalla kippah al Crocifisso



Dalla fiction alla realtà. I due romanzi (Il mio nome è Asher Lev e Il dono di Asher Lev) del noto scrittore ebraico-americano Chaim Potok dedicati alla figura del pittore ebreo ultra-ortodosso che dipinge una Crocifissione e così suscita scandalo nella sua comunità a New York, sembrano esser diventati storia, carne e sangue nella vita di Jean-Marie Elie Setbon. Ebreo di padre e di madre, attratto dal crocifisso fin da piccolo, ordinato poi a Gerusalemme rabbino del movimento iper-tradizionalista Lubavitch, oggi Setbon, diventato cattolico, cerca di trasmettere a chiunque il suo incontro con Cristo.

Da ebreo ultra-ortodosso a cattolico: in breve, come è avvenuta la sua conversione al cristianesimo?
Sono nato da madre ebrea askhenazita e da padre sefardita. Fin dall’età di sette anni, quando ho visto per la prima volta un crocifisso, mi sono sentito misteriosamente attirato da Gesù Cristo. A quindici anni, una domenica, sono andato alla messa delle sei di sera al santuario di Montmartre a Parigi. Una voce interiore, mentre assistevo alla messa, mi ha spinto ad andare a chiedere la comunione: vi sono ritornato ogni domenica per tre anni! Ho poi acquistato di nascosto un crocifisso e un Vangelo, iniziando ad imparare a memoria il racconto di Giovanni perché non potevo leggerlo davanti ai miei genitori. A diciassette anni sono entrato in un confessionale e ho detto ad un prete: “Sono ebreo e mi voglio convertire”. Quel prete è uscito, dicendomi di aspettare lì, ma non è più tornato: sono scappato a mia volta, pensando che volesse andare a denunciarmi. Quel fatto mi ha spinto ad approfondire la religione della mia famiglia.

Dove e come l’ha condotto questo approfondimento?
Mi sono spinto lontano: tra i diciotto e i ventisei anni sono stato in Terra Santa e ho ricevuto una formazione rabbinica in teologia, filosofia ed esegesi ebraica. Sono diventato anche un rabbino ultra-ortodosso del movimento Lubavitch. Quando poi sono tornato in Francia, mi sono sposato e ho avuto sette figli. Ma la croce di Cristo continuava ad attirarmi! Mia moglie è morta nel 2004 di cancro. La nostra famiglia viveva nella precarietà. Ciononostante lunedì 6 agosto 2007 ci venne offerta una giornata di vacanza al mare, in Normandia, a Trouville. Visitai l’immenso calvario che si trova vicino alla spiaggia: quella vista mi causò una emozione molto forte. E nello stesso momento venni a sapere della morte del cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger: era un fatto che non poteva essere casuale! Un mese più tardi ho vissuto una sorta di esperienza mistica, di incontro con Gesù Cristo a casa mia, nella mia stanza: l’ho visto come presente! Di lì, grazie all’accoglienza paziente delle Piccole sorelle di Betlemme, mi sono preparato al battesimo. Sono stato battezzato con il nome di Jean-Marie il 14 settembre 2008. In quanto “apostata” sono stato rinnegato dalla mia famiglia, ma i miei figli, a loro volta, hanno seguito la mia scelta religiosa. 

Quale è la motivazione più forte che l’ha spinta a diventare cristiano?
Non è un qualche principio del cristianesimo che mi ha convinto, bensì il fatto di aver avuto la grazia di aver “visto” Gesù risorto. Questa esperienza diretta con Cristo mi ha trasformato interiormente e mi ha spinto a chiedere il battesimo. Anche prima, quando avevo il desiderio di essere battezzato, non c’era un qualche dogma cristiano che mi convinceva più di un altro. Proprio per questo un giorno vorrei scrivere un libro sul fatto che il cristianesimo non è una religione come un’altra.

Diceva dell’accoglienza negativa da parte della sua famiglia rispetto alla sua scelta di conversione…
Sì, anche quelli che noi chiamiamo “ebrei riformati”, i “liberali” che partecipano al dialogo ebraico-cristiano, anche loro non hanno apprezzato, da quel che so, la mia conversione. Ma io non sono un’eccezione, visto che altri miei fratelli e sorelle di carne hanno vissuto la stessa cosa: posso citare come esempio il gran rabbino di Roma Eugenio Zolli. In definitiva penso che oggi, anche nella Chiesa, l’accoglienza di un ebreo, per lo più rabbino ultra-ortodosso, resta un tabù, visto che non diventa un argomento nel dialogo interreligioso». 


Dal suo osservatorio, i convertiti al cristianesimo che provengono dall’ebraismo sono in aumento?
Conosco troppi pochi ebrei per poter dare una risposta. Quel che so è che vi sono sempre più ebrei che aderiscono a Gesù e che entrano tra gli ebrei “messianici”. All’interno della Chiesa cattolica francese ho incontrato alcuni di loro che si sono poi convertiti».

Ha citato prima la grande figura di Lustiger... 
Non ho mai avuto un rapporto diretto con lui, ma la sua morte mi è come sembrata un segno per me e il mio cammino spirituale. Comunque, non abbiamo avuto lo stesso itinerario visto che egli proveniva da un ebraismo non praticante». 

È rimasto qualcosa di ebraico nel suo essere cristiano?
Se la sua domanda riguarda il fatto se nella mia fede cristiana è rimasta la pratica della legge ebraica, cioè quella mosaica, la risposta è no. Infatti negli scritti degli apostoli Giovanni Paolo e Pietro non si dice di dover mantenere la legge ebraica dal momento che noi siamo salvati da Gesù. Invece in quello che io ricevo dalla Chiesa – la formazione in teologia, filosofia, i Padri della Chiesa, l’insegnamento dei papi – metto a servizio il mio sguardo ebraico sulle Scritture, che però vengono incentrate su Cristo. Infatti il modo in cui gli ebrei affrontano i versetti biblici è diverso e complementare a quello dei non ebrei. Forse la cosa più “ebraica” che ho mantenuto da cristiano è il senso del pasto e del riposo dello shabbat alla domenica: questo giorno è completamente dedicato alla famiglia, in casa nostra non accendiamo la televisione né usiamo internet. 

Come giudica il rapporto tra cattolicesimo ed ebraismo oggi?
Quello che considero veramente importante è Cristo e ho l’impressione che dovrebbe esserlo ancora di più, mentre invece spesso mettiamo al centro un tema, un soggetto, un avvenimento – dimenticando che dovrebbe essere Cristo il centro della nostra vita. Quello che per me resta centrale è dare a ciascuno la possibilità di conoscere Gesù, di conoscere questo liberatore, questo Dio-amore. Perché un ebreo non dovrebbe avere il diritto a questo a causa della storia intercorsa tra la chiesa e la sinagoga? Quando lo incontreremo faccia a faccia, Gesù ci chiederà se abbiamo fatto il gesto di carità di parlare a tutti di lui. E noi, cosa diremmo? Che con i nostri fratelli ebrei abbiamo solo “dialogato”? Per quel che riguarda il mondo ultra-ortodosso da cui provengo, mi limito a dire che per dialogare bisogna essere in due. E poi, se non mi sbaglio, il dialogo del mondo cattolico verso l’ebraismo è nato soprattutto dalla presa di coscienza della Shoah e poi con il Vaticano II. Bisogna stare attenti a fondare un dialogo fruttuoso su un senso di colpevolezza. Attenzione dunque a non far diventare il dialogo un’ideologia, altrimenti si rischia che questo dialogo diventi più importante di Gesù stesso. È sicuro che vi sono delle dimensioni in comune tra cristiani ed ebrei: la trascendenza di Dio, ad esempio. Inoltre partiamo dallo stesso punto, la Scrittura. Mi sarei augurato che, ad esempio, di recente in Francia, sui grandi valori ebrei e cattolici avessero la stessa posizione. 

Quale futuro si aspetta per la fede cristiana in Europa?
Io credo che il cristianesimo abbia portato molte conquiste positive nella storia. Questo perché Gesù è venuto per l’essere umano tutto intero. Ora, la domanda che dobbiamo porci è questa: “Noi lasciamo che Dio possa avere un diritto di giudizio sulla nostra umanità? Sulla nostra vita politica, sulla vita sociale, sull’economia?”. Ricordiamoci che se Gesù ha detto di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, egli anche dirà a Pilato che non ha alcuna autorità su di lui che non gli fosse stata data dall’alto. L’autorità politica è permessa e donata dall’alto. Il problema è che nella storia della Chiesa, quando si è avuto la possibilità di vivere questo, le cose non hanno funzionato molto bene. Perciò oggi la gente ha paura di lasciare che Dio possa avere una facoltà di giudizio sulla nostra vita sociale. Quel che va messa in pratica è la dottrina sociale della Chiesa che è fondata su Gesù. E Gesù non è né di destra né di sinistra. Egli è anzitutto Dio e Dio sa esprimersi attraverso relazioni “sociali” verso le persone che incontrava. Ciò di cui come cattolici dobbiamo essere convinti è che il messaggio divino per cui la nostra umanità viene assunta da Dio non è solo un fatto privato, da vivere nell’intimo della preghiera o della propria casa. Il cristianesimo “sociale” può dunque portare alla società quelle dimensioni positive che apporta all’individuo, ad esempio l’amore divino, la libertà dai soldi, dal profitto, il non cercare il potere sull’altro, perché Gesù non ha mai cercato di dominare sull’altro. [Fonte: Avvenire, Lorenzo Fazzini]

mercoledì 31 luglio 2013

Anche l'Irlanda cede alla cultura della morte, l'aborto è legale

L'aborto diventa legale in Irlanda. Il presidente Michael D. Higgins ha firmato la nuova legge; sarà ora possibile per le donne accedere all'aborto anche in caso di "rischio di suicidio". La nuova normativa (denominata orwellianamente "Protection of Life During Pregnancy Act") consente l'interruzione di gravidanza nel caso in cui un medico certifichi l'esistenza di un reale e sostanziale rischio per la vita della gestante. Questa fattispecie è un non-senso sia logico che giuridico: quali sarebbero e come verrebbero provati i rischi di suicidio? La realtà è che ci ritroveremo in Irlanda con tante donne "a rischio", alle quali sarà garantito accedere all'omicidio di Stato. 

Sono anni che i movimenti radicali, massoni, femministi cercano di sfruttare ogni caso umano per convincere l'opinione pubblica all'aborto libero: l'ultimo è quello di una donna indiana Savita, caso strumentalizzato e falsato per forzare la mano del legislatore. Ora che hanno raggiunto questo scopo, non si fermeranno ma cercheranno di allargare sempre più le maglie del fantomatico "diritto all'aborto". Dovremo imparare che di fronte a certe aberrazioni non esiste compromesso: solo la verità ci rende liberi.


martedì 16 luglio 2013

Alla GMG di Rio arriva il Manuale di Bioetica


Durante la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) che si terrà tra il 23 e il 28 luglio a Rio de Janeiro, tutti i partecipanti registrati riceveranno gratuitamente una copia del libro "Le chiavi di Bioetica", prodotto dalla Fondazione Jérôme Lejeune. Il libro si propone di aiutare i giovani a riflettere su questioni controverse come l'aborto, l'eutanasia e la ricerca sugli embrioni umani, approfondendone le implicazioni etiche e biologiche.
Il manuale, scritto da medici e biologi, contiene una presentazione obiettiva delle attuali questioni bioetiche, basata sui fondamenti della scienza e della ragione nella quale, con la fede della Chiesa, raggiunge il suo pieno significato.
"Viene offerta una formazione di base: quando inizia la vita, quando finisce, in che consiste l'inseminazione artificiale, l'importanza per un bambino di nascere nell'amore di un uomo e una donna", spiega il Presidente della Commissione Episcopale per la Vita e la Famiglia Pastorale, Mons. João Carlos Petrini. "Abbiamo a disposizione un manuale per i giovani, con un linguaggio molto accessibile, utile per affrontare questioni delicate e complesse della vita", ha detto il prelato.
Sono state pubblicate due milioni di copie in quattro lingue [Fonte: Religion en Libertad]

Il Beato Jerome Lejeune era un professore francese. Nel 1958 scoprì che la sindrome di Down è un'anomalia cromosomica genetica. Da allora ha lavorato nel campo della ricerca scientifica ed ha assunto con vigore posizioni contrarie alla legalizzazione dell'aborto.

giovedì 11 luglio 2013

Il Diacono: una Chiamata per il Servizio

Santo Stefano, Diacono e Protomartire
"Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù" [1Tim 3,8-13].

Cosa fa il diacono: 
"In un grado inferiore della gerarchia (rispetto ai presbiteri) stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani «non per il sacerdozio, ma per il servizio». Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella «diaconia» della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio. È ufficio del diacono, secondo le disposizioni della competente autorità, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l'eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di S.Policarpo: «Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti» (Lumen Gentium 29).

San Lorenzo, Diacono e Martire
Come diventare diacono:
- Va subito detto che per cominciare il cammino verso il diaconato ci deve essere una esplicita proposta della comunità cui l’aspirante appartiene o almeno tale decisione sia accolta e condivisa dalla comunità.
- A nome della comunità, è il parroco che deve presentare al Vescovo l’aspirante al diaconato. Il Vescovo infine decide se ammetterlo o meno al periodo di preparazione.
- La cosa più importante che si richiede è che il candidato faccia un serio e profondo cammino personale di vita cristiana: di preghiera, di buona testimonianza nella sua famiglia e nella professione, di amore alla chiesa, di comunione e carità nei rapporti umani, di coraggio e forza nelle prove.
- E’ altresì importante e necessario che il candidato sia inserito in modo organico nella vita pastorale della sua comunità: deve essere stimato, conosciuto, attivo nella sua parrocchia. Solitamente diventa diacono ordinato chi già da tempo nella sua parrocchia è riconosciuto come diacono di fatto!
Se il candidato è celibe, l’età minima per l’ordinazione (nella quale assume l’impegno perpetuo del celibato) è di 25 anni; se è sposato, dopo aver compiuto i 35 anni di età, secondo quanto stabilisce il Codice di diritto canonico (CIC 1031).
I candidati sposati devono avere una durata ragionevole del matrimonio, per dimostrare di saper dirigere la propria casa e distinguersi per una positiva esperienza familiare.
Per i candidati sposati è richiesto non solo il consenso della moglie, ma anche la sua testimonianza cristiana o, almeno, un comportamento che non sia di impedimento al ministero del marito.
I diaconi devono dare prova di grande solidità umana e spirituale, quindi una volta ordinati resteranno per sempre nello stato di vita in cui il Signore li ha posti.
Il diacono deve essere in grado di provvedere adeguatamente alla cura umana e cristiana della sua famiglia e a mantenersi con il suo lavoro.
- Il livello di cultura richiesto è quello medio, tale cioè da permettere un percorso efficace di formazione e di studio, seppur contemperato e adattato alle capacità dei singoli e alle esigenze del ministero.
- I candidati sono tenuti a seguire un cammino di formazione che prevede: un anno propedeutico, il rito liturgico della candidatura, il tempo vero e proprio della formazione (almeno tre anni). 

San Francesco d'Assisi, Diacono
Parola, Liturgia, Carità. La figura del Diacono si ritrova già nelle prime comunità cristiane: il suo ruolo è descritto nella Prima Lettera a Timoteo e la parola "diacono" è citata anche nella Lettera ai Filippesi. Moltissimi sono i diaconi divenuti santi: tra questi i più famosi sono Santo Stefano Protomartire, San Lorenzo Martire, San Francesco d'Assisi, San Filippo Evangelista, San Vincenzo di Saragozza, Sant'Efrem etc.
Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha riscoperto questa figura, considerando il diaconato non soltanto una tappa transeunte, bensì una chiamata permanente. Le tre parole che riassumono questa vocazione sono la liturgia, la carità e la predicazione della Parola. Il Diacono è ministro della Parola, che deve proclamare e predicare; è ministro della Liturgia, che deve curare e preparare con passione nella Celebrazione Eucaristica; è ministro della Carità, perché deve coadiuvare il Vescovo e il Presbitero nell'assistenza dei poveri, dei malati, dei fanciulli, delle vedove, degli anziani, cioè degli ultimi. Il discernimento di questa vocazione va a lungo vagliato in seno alla Chiesa, con la supervisione del Vescovo. Il seme di questa chiamata al servizio può ravvisarsi non solo nella  volontà del candidato di diventare diacono ma anche in una sua già attiva presenza pluriennale nella comunità ecclesiale, la quale non è spettatrice passiva bensì attivamente deve richiedere e sostenere questa vocazione dinnanzi all'Ordinario del luogo (per altre riflessioni sulla vocazione diaconale si veda sul sito dei Diaconi di Modena e sul sito dei Diaconi di Velletri Segni).